CHIESA VIVA
   

 

 

 
 
 

 

 

 

Conoscere la Massoneria

 

Chiesa Viva n°390

Sin dall’età di 23 anni, come ci informa il massone Doria, Giuseppe Mazzini concepì il suo progetto di assassinare Sua Maestà l’Imperatore d’Austria e il Principe di Metternich, e nei primi anni di militanza nella Carboneria, egli frequentò assiduamente l’omicida Sgarzaro (che si era vantato di aver annegato ben 53 frati gettandoli, legati a due a due, nel mare aperto dalla sua nave), e il futuro assassino Argenti che aveva cercato di interessare la Carboneria al suo piano di assassinare il Principe di Metternich.

Fu con la “Giovine Italia”, fondata nel 1831, che Giuseppe Mazzini, “nel suo stile magniloquente”, mise a punto la sua “dottrina dell’assassinio” politico, la quale colpiva, in modo spietato, non solo i traditori e chi non obbediva agli ordini: “dovranno essere uccisi sul posto”, “pugnalati senza alcuna pietà”, “abbattuti da una mano invisibile”, ma anche gli avversari politici, per i quali il titolo di “tiranno”, emesso da uno dei Tribunali segreti da lui controllati, era sufficiente “per far mettere a morte ogni persona colpita da anatema».

«Un gran numero di ispettori di polizia, generali e uomini politici furono assassinati su ordine di questi Tribunali, e le Logge massoniche fornivano la loro assistenza in questo lavoro»1.

La “dottrina dell’assassinio” politico di Mazzini fu persino denigrata, nel 1838, dai capi occulti dell’Alta Vendita (il vertice della Carboneria) con queste parole: «A cosa serve un assassinio? (...) Un colpo di pugnale non significa niente, non fa nessun effetto. Che importa al popolo che il sangue di un operaio, di un artista, d’un gentiluomo o anche di un principe sia stato versato in forza di una sentenza di Mazzini o di alcuno dei suoi sicari che si divertono in questo modo?»2.

Nel 1851, alla notizia del colpo di Stato di Napoleone III, Adriano Lemmi lasciò l’America, dove si trovava con Kossuth, per andare a Londra e diventare l’esecutore degli ordini di assassinio di Mazzini, decretati dal suo “Comitato Centrale Democratico Europeo”, titolo che Mazzini aveva dato alla “Giovane Europa”.

Lemmi si vantò sempre di essere il valido emissario di Mazzini in un gran numero di assassinii, tanto che Mazzini stesso lo chiamava: «Il mio piccolo giudeo che vale dieci buoni diavoli...».

In quegli anni, Mazzini e i capi di questo “Comitato Centrale Democratico Europeo”: Kossuth, A.A. Ledru Rollin, Felice Orsini, Alexander Herzen e Michele Bakunin furono accusati, insieme a Lemmi, di essere i responsabili della maggior parte delle sommosse e degli attentati terroristici che costellarono l’Europa in quel periodo.

Il 4 gennaio 1852, Mazzini e il suo “Comitato”, decretarono la condanna a morte del Duca di Parma Carlo III; il 26 marzo, Carlo III cadeva sotto i colpi del sicario di cui Lemmi aveva stimolato il fanatismo. A fine giugno dello stesso anno, sempre a Parma, Lemmi provocò la rivoluzione del 22 luglio.

Il 21 ottobre 1852, Lemmi ispirò il tentato assassinio del ministro Baldasseroli, presidente del Consiglio del Gran Duca di Toscana; fu sempre lui che spedì dalla Svizzera il proclama di Mazzini che provocò l’insurrezione di Milano del 6 febbraio 1853; fu lui, sempre su ordine di Mazzini, che armò il braccio del fanatico che attentò alla vita dell’Imperatore d’Austria, il 18 febbraio 1853.

Nel 1855, Lemmi si recò a Roma e, poco dopo, il 12 giugno, vi fu un tentato assassinio del cardinale Antonelli; il 30 giugno, Lemmi pubblicò a Genova un manifesto di Mazzini per spingere il popolo all’insurrezione; tornò, poi a Roma dove, il 9 luglio, ci fu un tentativo di assassinio su Padre Beckx, Generale dei Gesuiti.

Lo stesso anno, Lemmi e Orsini trasmisero le istruzioni di Mazzini al Comitato Rivoluzionario di Milano, per un’insurrezione che doveva inaugurarsi con la strage di tutti gli ufficiali del presidio.

Verso il settembre 1856, il “Comitato Centrale D. Europeo” di Mazzini decise di assssinare il re di Napoli, e di scatenare contemporaneamente una rivoluzione in Sicilia. Scoppiata la rivoluzione in Sicilia, Lemmi scelse il sicario: Agesilao Milano che, l’8 dicembre 1856, mentre re Ferdinando passava in rivista l’esercito, gli vibrò due violenti colpi di baionetta, senza però ucciderlo. Il sicario fu condannato a morte, mentre Mazzini gli fece coniare una medaglia commemorativa, qualificandolo come “martire”!

Per l’anno 1857, Mazzini e il suo “Comitato” decretarono e misero in atto, con Lemmi la triplice insurrezione di Genova del 29 giugno, di Livorno del 30 giugno, e di Napoli del 1° luglio.

(continua)

1 Cfr. Mons. G.E. Dillon, “Grand Orient, Freemasonry unmasked”, Christian Book Club of America, p. 104-105.

2 Cfr. “Lettera di Vindice al Nubius” del 9 agosto 1838.

 
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