CHIESA VIVA
   

 

 

 
 
 

 

 

 

Conoscere la Massoneria

 

Chiesa Viva n°375

L’attentato della sera del 14 gennaio 1858 a Parigi, di Felice Orsini e degli altri suoi tre complici, contro Napoleone III e l’Imperatrice Eugenia, sua moglie, che provocò otto morti e circa centocinquantasei feriti tra la scorta ed il pubblico, scatenò la reazione di tutti gli Stati europei contro l’uomo che aveva organizzato e gestiva, da oltre vent’anni, tutta la rete terroristica europea: Giuseppe Mazzini.

Lo sdegno fu tanto che lo stesso Cavour decise di presentare una legge, poi resa esecutiva, che modificava la composizione delle giurie e stabiliva norme speciali contro le cospirazioni per attentare alla vita dei sovrani esteri.

Cavour ordinò anche una serie continuata di sequestri del giornale mazziniano “L’Italia del Popolo”, che fu costretto a cessare le pubblicazioni alla fine di agosto dello stesso anno.

La polemica contro Mazzini fu tanto aspra che Cavour, in un famoso discorso tenuto il 16 aprile 1858, così si espresse in Parlamento:

«Dopo il 1831, si costituì dentro e fuori l’Italia, una sètta (…). Questa sètta è la “Giovine Italia”. (…). Noi la vediamo dichiarare non solo potersi, ma doversi mutare le spade in pugnali, le imprese in attentati, le battaglie in assassini. Questi fatti aprirono gli occhi a molta gente, e le file di quella funesta fazione si diradarono assai. Quasi tutte le persone di onesti intendimenti, di animo generoso, si allontanarono da un uomo (Giuseppe Mazzini) che li conduceva a così terribile e sconsigliato passo.

La sètta, ridotta di numero, si abbandonò ai più tristi propositi, credette supplire alle scemate forze con l’adottare mezzi sempre più violenti e, mi sia lecito il dirlo, iniqui. Quindi, (…) la vediamo, nei suoi scritti, accostarsi, a poco a poco, a teorie più esplicitamente giustificative dell’assassinio politico. Questo, signori, è un fatto grave, è un fatto luttuosissimo.

È oltre ogni dire doloroso che esista una fazione italiana, la quale abbia potuto concepire e predicare una così nefasta, una così orribile dottrina.

È un gran male per l’Italia che all’estero si possa dire: vi è in quella nazione una sètta che professa la dottrina dell’assassinio politico! (…).

Ebbene, o signori, noi abbiamo creduto che, poiché vi era una sètta che professava la dottrina dell’assassinio politico (…) abbiamo creduto che era opera necessaria (…) che sorgesse altamente la voce, non solo del Governo, ma della nazione, dal Parlamento rappresentata, a protestare solennemente contro la scellerata dottrina dell’assassinio politico.

Dopo l’attentato del 14 gennaio, da varie parti d’Europa giunge al Governo la notizia che i settari, eccitati dal fatto di Parigi, si dimostravano solennemente più passionali che mai e che, nelle loro conventicole, si parlava non solo di ricominciare l’opera esecranda, ma di estenderla ad altri capi di Governo»1.

«Giuseppe Mazzini, a Londra, reagì istericamente al discorso di Cavour. Egli scrisse una lettera indirizzata al Conte di Cavour, e pubblicata su “L’Italia del Popolo”, giustificando e difendendo ogni atto terroristico, ponendo innanzi le figure dei terroristi: “Ad uomini della tempra (…) di Orsini, poco importa di giudizi o giudici: essi uccidono o muoiono”.

Sulla “tempra” di questi uomini basterebbe dire che Felice Orsini, uno dei massimi rappresentanti del partito mazziniano, legato da profonda amicizia personale a Mazzini, iniziò la sua carriera di omicida all’età di diciassette anni, uccidendo il cameriere fidato di casa Orsini, Domenico Chieri»2.

1 Cfr. Nuova Solidarietà, 24 dicembre 1984, p. 7.

2 Idem, p. 8.

 
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