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Chiesa Viva n°352

 

IL GRANDE PROCESSO DI BERNA

Passaronoben 12 anni prima che il Giudaismo tentasse a far constatare la falsità dei Protocolli dalla Giustizia. Difatti, fu il 26 giugno 1933 che la “Ligue Israélite Suisse”, in unione con la comunità israelita di Berna, fece querela, presso il Tribunale Cantonale di Berna, domandando che la brochure delle Edizioni Hammer, “Les Protocoles Sionistes”, fosse relegata tra la letteratura sovversiva e che ne fosse interdetta la diffusione. Questa querela faceva perno sull’articolo 14 della “Loi relative aux films et aux mesures contre la littérerature subversive” del 10 settembre 1916, valevole per il Canton di Berna.

Questa legge affermava: «... l’impressione e la diffusione di scritti sovversivi, in particolare d’opere di cui la forma e il testo sono di natura tali da eccitare il crimine, o suscettibili di mettere in pericolo i buoni costumi, di offendere il pudore, di esercitare un effetto brutale o di provocare altri scandali, sono interdetti».

Appellandosi a questo testo, cinque svizzeri furono accusati di aver distribuito la brochure in questione. Tra questi c’erano: il musico Silvio Schnell e l’architetto Theodor Fischer.

La prima udienza del processo, il 16 novembre 1933, presieduta dal Tribunale Walter Weyer, gli avvocati dei querelanti ebrei richiesero una expertise sull’autenticità dei “Protocolli”. L’avvocato dei querelati, invece, si oppose alla domanda perché il fare una expertise non rientrava nello spirito della legge, né era prevista da essa per un presunto scritto sovversivo, mentre si trattava solo di decidere se il testo, autentico o no, violasse tale legge.

Il giudice, però, ordinò l’expertise e nominò come esperti il professore d’università A. Baungarten, di Bâle, su domanda dei querelanti, e il pastore giubilato L. Munchmeyer, d’Oldenburg, su domanda dei querelati. Ad esperto principale fu nominato lo scrittore “pro Juif”, C. A. Loosli, di Berne-Bûmplitz.

Le “conclusioni” dei due esperti svizzeri furono deposte presso il Tribunale nell’ottobre 1934. Da notare: gli accusati si trovarono senza esperto, perché Munchmeyer si era rifiutato di accettare.

La seconda udienza del processo si tenne dal 29 al 31 ottobre 1934. I querelanti comparvero in Tribunale con 15 testimoni, in gran parte giudei e russi, mentre invece gli accusati non citarono che un solo testimone, lo scrittore Dr. Alfred Zander, di Zurigo.

Dopo aver ascoltato i testimoni della parte contraria, il cui punto di vista, giuridicamente esatto, che l’autenticità del testo non era in causa, e che, quindi, era evidente la non esattezza della causa principale, il giudice fu costretto a mettere in libertà gli accusati e di citare ancora un esperto e altri testimoni per aggiornare meglio il processo.

Su richiesta dell’avvocato degli accusati, il tenente colonnello in pensione Ultrich Fleischauer, direttore del “Welt Dienst” (Servise Mondial) a Erfurt, fu citato come esperto il 6 novembre 1934. Dall’altra parte, l’avvocato degli accusati aveva proposto di procedere, nello stesso tempo, alla citazione di una quarantina di testimoni.

Il 15 gennaio 1935, Fleischauer presentò la sua perizia.

In essa viene dimostrato che i Giudei e i loro testimoni non avevano alcuna prova valevole che i “Protocolli” erano un falso, e che tutte le circostanze erano in favore dell’autenticità di tale documento, e di una prova talmente evidente e probante che il giudice, sotto pressione evidente della cricca giudaica, fu obbligato a ritirare alla difesa la possibilità di un’altra argomentazione più dettagliata; non solo, ma il giudice si rifiutò di ascoltare le testimonianze dei quaranta testimoni che l’avvocato degli accusati aveva proposti.

La terza udienza fu tenuta dal 29 aprile al 14 maggio 1935, durante la quale i tre esperti deposero, oralmente, le loro conclusioni. I due esperti svizzeri, da autentici giudei, difesero la tesi del “falso”, senza alcuna riserva, dando come sicuro che i “Protocolli” non erano altro che un plagio dei libro di Joly, e che questo risultava anche dalle dichiarazioni dell’ex-principessa Radzwill e del conte du Chayla e che l’opera era stata fabbricata con pezzi tolti da Ratchkovsky con lo scopo di calunniare la razza giudaica. E benché le date, fornite dall’ex-principessa, fossero incontestabilmente sbagliate, Baumgarten parlò di smarrimenti di memorie, mentre Loosli aveva deliberatamente commesso un falso, là dove citava, nel suo rapporto scritto sulle dichiarazioni dell’ex -principessa Radziwill, l’anno 1895 invece del 1905, senza che il Tribunale avesse avuto comunicazione di questa modifica. Interrogato più tardi, Loosli dichiarò che la data 1905 era stata un errore di stampa, sfuggito ad un giornale americano, che lui, poi, aveva fatto rettificare. I due esperti passarono sotto silenzio l’allusione dell’ex-principessa Radziwill sulla guerra russo-giapponese, come pure tacquero sulla rivoluzione russa del 1905, precisazioni che escludono l’ipotesi avanzata da loro sulla mancanza di memoria e sull’errore di stampa.

Nota: il testo è tratto da un articolo pubblicato su Chiesa viva n° 179.

 

 

 

 

 
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